☭    "Non è difficile essere rivoluzionari quando la rivoluzione è già scoppiata e divampa... È cosa molto più difficile - e molto più preziosa - sapere essere rivoluzionari quando non esistono ancora le condizioni per una lotta diretta, aperta, effettivamente di massa, effettivamente rivoluzionaria; saper propugnare gli interessi della rivoluzione (con la propaganda, con l'agitazione, con l'organizzazione) nelle istituzioni non rivoluzionare, sovente addirittura reazionarie, in un ambiente non rivoluzionario, fra una massa incapace di comprendere subito la necessità del metodo rivoluzionario di azione"     ☭    



Lotte operaie e proletarie

Campagna di sostegno ai quattro lavoratori SAFIM licenziati per rappresaglia!


Quasi un anno fa la SAFIM, azienda del settore logistica situata a None (Torino) è licenziava 4 delegati, iscritti al SiCobas, perché colpevoli di aver sporto una denuncia all’Ispettorato del Lavoro. Secondo l’azienda tale denuncia avrebbe rotto il legame di fiducia coi dipendenti. Questo licenziamento ha, dunque, una chiara matrice politica: l’obiettivo è quello di eliminare dalla fabbrica i lavoratori più combattivi per imporre peggiori condizioni di lavoro a tutti. Da allora i 4 licenziati si sono mobilitati per costruire attorno alla loro vertenza personale un caso in grado di parlare anche a tanti altri licenziati politici.

SAFIM è un centro di smistamento del fresco. Esso parte del gruppo DIMAR, di proprietà della famiglia Crivello, sotto il cui controllo vi sono i centri di distribuzione come Mercatò, Famila, Bigstore e di 207 punti vendita i Franchising.

La storia della SAFIM è emblematica di un sistema, quello della logistica, che da tempo aveva individuato nella manodopera immigrata una potente chiave per aumentare i propri profitti. Lavoratori ricattabili perché per molti la perdita del posto di lavoro significa anche il rimpatrio, a causa di quella legge liberticida che è la Bossi-Fini. Così la SAFIM decide di appaltare la gestione del magazzino di None alla cooperativa Stella che impiega una forza lavoro prevalentemente straniera. Nei primi tempi i facchini sono costretti a turni di 12/14 ore senza straordinari pagati, senza diritti e con salari bassissimi. Dopo 5 anni di sacrifici ed umiliazioni, i facchini decidono di organizzarsi per difendere i loro diritti, così nel 2014 cominciano la loro lotta col sindacato SiCobas. Subito cominciano i comportamenti anti-sindacali della cooperativa Stella, spalleggiata dal committente SAFIM, che arriva a far firmare lettere di disdetta al sindacato, presentandole come "lettere necessarie per l’assunzione". I due anni seguenti sono segnati da scioperi, blocchi delle merci, picchetti in cui i lavoratori trovano anche il sostegno di tanti solidali ed in particolare dei lavoratori provenienti dal CAAT, i mercati generali dove nello stesso momento si stanno portando avanti rivendicazioni simili. Ma anche anni in cui comincia a diventare abituale la presenza di carabinieri, polizia, celerini e digos che si presenta in massa a tutelare il "diritto" della SAFIM di continuare a sfruttare i lavoratori come schiavi.

Perché è proprio l’ipersfruttamento dei facchini che ha reso possibile la crescita vertiginosa della SAFIM, passata da 20 ad oltre 200 lavoratori impiegati nel centro di None. Ma proprio questa alta concentrazione di lavoratori ha creato una miscela esplosiva che ha posto le basi per miglioramenti consistenti con l'applicazione del contratto della logistica a tutti i lavoratori della cooperativa. Miglioramenti tanto rilevanti da convincere la casa madre SAFIM che ormai non era più conveniente mantenere l'appalto alla cooperativa. Così a fine 2015 l’azienda propone ai lavoratori l’assunzione diretta. Ma dietro questa proposta c’è una trappola: in cambio l’azienda pretende che i lavoratori firmino un tombale, cioè rinuncino, in cambio di poche briciole, a tutto quanto gli era dovuto per gli anni trascorsi a lavorare con salari sotto i minimi del ccnl e con straordinari forfettizzati a 1 euro l'ora. I lavoratori vengono così assunti direttamente dai Crivello, titolari della SAFIM, ma la trattativa tra sindacato e azienda per la cifra del tombale (cioè quanto dovranno pagare per “condonare” gli abusi salariali degli anni passati) va avanti senza che si trovi l’accordo. Stanchi di questo comportamento 4 delegati decidono di denunciare l'azienda all’Ispettorato del Lavoro accusandola di comportamento antisindacale, lavoro nero, turni di quattordici ore senza riposo settimanale, razzismo. Per tutta risposta la SAFIM li licenzia in tronco perché sarebbe venuto meno “il legame di fiducia tra azienda e lavoratori”. Ma il motivo vero ce l'ha spiegato, forse involontariamente, il legale dell'azienda in un'intervista alla tv durante uno sciopero del marzo di quest’anno: "L'errore iniziale dei lavoratori è stato quello di affidarsi ad un sindacato non riconosciuto dall'azienda". Quasi che il sindacato debba essere riconosciuto dai padroni e non dai lavoratori!

La SAFIM, assistita e supportata da Confindustria e Questura, non vuole che la determinazione e il coraggio dimostrati nella lotta condotta da questi lavoratori, contro dei livelli di sfruttamento schiavizzanti, possa far presa su altri lavoratori: la lotta auto-organizzata come forma necessaria e legittima non deve passare! Una forma di lotta e di organizzazione che blocca merci e produzione, e si è rivelata spesso vincente anche in virtù della fragilità dell'organizzazione del lavoro. Da un lato l' azienda cerca infatti di espellere i lavoratori più combattivi e meno proni alle esigenze del mercato attraverso le misure repressive che ha a disposizione, usando tutti gli organi che lo stato mette al suo servizio (ricordiamo qui che rispetto alla repressione poliziesca del 17 marzo il questore in persona ha diretto l'attacco contro il presidio dei lavoratori, sguinzagliando per altro la celere anche contro alcuni solidali presenti nei diversi momenti della protesta); Dall'altro tenta di dividere l'unità del fronte operaio in lotta usando il miserabile strumento dell'offerta di danari.
E pur di stroncare questa organizzazione sono anche disposti a pagare come dimostra l’offerta di 12 mensilità per ogni lavoratore avanzata alla prima udienza. Offerta convintamente respinta dai lavoratori che pretendono di tornare al loro posto di lavoro per riprendere la lotta dove l’hanno dovuta lasciare.

Questi lavoratori oltre ad essere licenziati sono stati denunciati, insieme ad altri 30 compagni, per violenza, ed e stato chiesto loro di pagare danni per un milione di euro.

Questa vicenda parla a tutti i lavoratori e ai compagni che si oppongono all'ondata repressiva contro movimenti e organizzazioni di classe.

Essa si inquadra nella più generale ondata repressiva di cui l'ultimo capitolo è il decreto Minniti. E' parte di una vasta offensiva di classe che vede, nell'inasprimento autoritario dello stato, il meccanismo per frenare le lotte e per prevenire possibili insorgenze rivoluzionarie nel nostro paese cercando di stroncare sin da subito ogni tentativo di organizzazione dei lavoratori per poter realizzare il massimo profitto nella massima libertà d' azione. Questo è da sempre l'urgenza/obiettivo della classe padronale tutta. Vedi anche il caso della rappresaglia Vodafone contro i dipendenti resistenti Cobas di Ivrea o gli 82 licenziamenti preventivati dalla Savio che rifiuta di adottare i residui ammortizzatori sociali, per far passare il principio della libertà di licenziamento senza condizioni e mediazioni di sorta.
La struttura dominante, quindi, attraverso i suoi apparati e servizi - enti, istituti, pubblici e privati, più o meno legali più o meno nazionali - cerca di imporre in modo sempre più devastante il suo ordine sulla forza lavoro e cerca di rafforzare sempre di più la sua posizione, il suo potere, attraverso Governo, Magistratura e tutti gli altri organismi preposti al mantenimento dell'ordine borghese a dominio del mercato ed in nome di sempre maggiori profitti.

A proposito nella vicenda Safim questi esempi possono essere molto eloquenti:
-sentenza della corte di cassazione del 7/12/2016: la ricerca del massimo profitto aziendale è considerato “giusta causa” per licenziare un dipendente.
-Il “jobs act” è l'ultimo, in ordine cronologico, di una serie di provvedimenti che ha reso ancora più precario l’intero mondo del lavoro, esasperandone la concorrenza al ribasso tra lavoratori, dando ampia libertà alle aziende in materia di licenziamenti individuali e collettivi.

Pensiamo che Il ricorso legale contro il licenziamento di queste quattro avanguardie di lotta non debba essere l’unico mezzo per far recedere dalla sua decisione la SAFIM. I giudici sono anche essi parte del sistema di oppressione, e seguono l’evolversi delle tendenze e dell’involuzione autoritaria dell’ordinamento borghese.

La condotta di questi quattro lavoratori, nel rifiutare l’offerta di danaro perché vogliono continuare la lotta, ci pare esemplare.

Una condotta che bisogna sostenere e che il movimento torinese si deve assumere collettivamente.

Crediamo che la soluzione di questa significativa vertenza possa venire dalla lotta e dai conseguenti rapporti di forza che si sapranno costruire.

Rapporti di forza che per essere incisivi richiedono momenti di unità che solo un largo fronte di classe può offrire.

Facciamo appello ai singoli compagni e alle compagne, ai/alle militanti/e sindacali di base, al di la della tessere sindacale di appartenenza, a mobilitarsi su questa vicenda. Chiediamo a tutti e tutte di portare solidarietà, sostenendo e partecipando attivamente alle iniziative che verranno proposte del comitato cittadino, per una campagna cittadina. Una campagna che può diventare terreno di raccolta delle forze per per la difesa dei lavoratori colpiti dalla rappresaglia padronale e per costruire un largo fronte di resistenza e di lotta contro repressione e sfruttamento dentro e fuori i luoghi di lavoro.

Comitato di sostegno ai 4 lavoratori Safim licenziati per rappresaglia









Antono Gramsci:Alcuni temi della quistione meridionale

Come si legge in 2000 pagine, cit., il manoscritto andò smarrito nei giorni dell'arresto di Gramsci e fu ritrovato da Camilla Ravera tra le carte che Gramsci abbandonò nell'abitazione di via Morgagni.
Il saggio fu pubblicato nel gennaio 1930 a Parigi nella rivista Stato Operaio, con una nota in cui è detto: «Lo scritto non è completo e probabilmente sarebbe stato ancora ritoccato dall'autore, qua e là. Lo riproduciamo senza alcuna correzione, come il migliore documento di un pensiero politico comunista, incomparabilmente profondo, forte, originale, ricco degli sviluppi piú ampi. ».




Questione elettorale borghese

Per un altro spunto (se ce ne fosse ancora bisogno) sulla questione elettorale borghese

Necessità di una preparazione ideologica di massa

di Antonio Gramsci , scritto nel maggio del 1925, pubblicato in Lo Stato operaio del marzo-aprile 1931. Introduzione al primo corso della scuola interna di partito




La legislazione comunista

Articolo apparso su L'Ordine nuovo anno II n.10 del 17 luglio 1920 a firma Caesar

Antonio Gramsci : Il Partito Comunista

Articolo non firmato, L’Ordine Nuovo, 4 settembre e 9 ottobre 1920.




Antonio Gramsci - Riformismo e lotta di classe

(l'Unità, 16 marzo 1926, anno 3, n. 64, articolo non firmato)




Antonio Gramsci : La funzione del riformismo in Italia

(l’Unità, 5 febbraio 1925, anno 2, n. 27, articolo non firmato)




Referendum sulla costituzione

Votare o non votare, è questo il problema?

Lettera di un operaio FIAT di Torino

" FCA, la fabbrica modello "

Elezioni borghesi: un espediente per simulare il consenso popolare!

Lo scorso 19 giugno, con i ballottaggi, si sono consumate le ennesime elezioni previste dal sistema democratico borghese. Si trattava di elezioni amministrative ma di alto significato politico nazionale.